Wanderlust è una parola tedesca che deriva dall’unione di due parole “Wander”, girovagare, e “Lust”, desiderio, e viene utilizzata per descrivere l’impulso di esplorare il mondo o di essere sempre alla ricerca della meta per il prossimo viaggio.
Se prima veniva considerata solamente una disposizione di alcune persone, ora secondo una ricerca pubblicata dalla rivista “Evolution and Human Behaviour” sembra abbia a che fare con la genetica; deriva dal cosiddetto “gene del viaggio” ribattezzato ovviamente “gene del Wanderlust”. Si tratta di un recettore di Dopamina D4 che è il responsabile della passione, dell’amore e della curiosità, nonché dall’essere attratto dagli stimoli esterni. Questo recettore poi lavora a stretto contatto con la Dopamina, che svolge un’azione importante nel determinare i livelli del nostro umore.
Il “gene di Wanderlust” però è presente solo nel 20% della popolazione mondiale, geograficamente collocate in un’area ben precisa. Secondo un altro studio infatti il gene del Wanderlust sarebbe presente in quelle popolazioni che agli albori della storia si sono dovute allontanare e hanno affrontato grandi migrazioni. L’ultima ricerca del National Geographic ha rivelato che le persone con il “gene del Wanderlust” quindi, sono più predisposte al rischio, a provare cibi insoliti, ad avere un numero maggiore di relazioni sociali, hanno maggior voglia di condividere e sperimentare sempre nuove avventure.
Questo significa che la “Sindrome di Wanderlust” è diventata la malattia di chi non riesce a stare fermo in un posto e sente un desiderio, quasi un’ossessione nel voler esplorare il mondo e vedere nuovi luoghi, entrando in contatto con nuove culture. Inizia ad essere considerata tale quando si è perennemente alla ricerca del prezzo di volo più conveniente, dove non importa la meta, ma partire. In molti sono titubanti a considerarla una malattia ma preferiscono considerarli più un hobby, una valvola di sfogo a cui ricorrere appena possibile o meglio ancora… una passione.